Ci sono casi che ti arrivano via lettera, altri via voce, e altri ancora che ti bussano direttamente alla porta. Quello del piccolo Teodoro mi è piombato addosso una mattina di maggio, quando Teresa — occhi azzurri come il cielo sopra l’Appennino e voce tremante come una finestra col vento — si è presentata al mio uscio con una fotografia.

“È sparito ieri. Non ha mai fatto così. E’ un randagio, mi tiene compagnia.”

Il soggetto in questione: un meticcio bianco e marrone, con un orecchio storto e una lingua che pende sempre a sinistra. Si chiamava Teodoro. E Teresa non esagerava: quel cane era il sindaco onorario della frazione. Amico di tutti, sorvegliante delle galline, assaggiatore ufficiale di pasta e fasuli.

E adesso… svanito. Nessun cancello forzato. Nessuna pista evidente. Tranne una.

Nel cortile, vicino alla cuccia vuota, c’erano orme. Piccole. Frettolose. Direzione sud. Mi sono messo sulle sue tracce. La pista mi ha portato lungo un sentiero battuto tra le case, poi giù, verso la zona degli orti comunali. Lì ho trovato il primo indizio: un ciuffo di pelo bianco incastrato tra due assi di una recinzione. E poi, il secondo: fragole rosicchiate. Tante. E orme. Minuscole, confuse, ma inequivocabili. Teodoro era passato da lì. Aveva attraversato i filari come un piccolo fantasma peloso. Ma perché? L’ho trovato sotto un tunnel di plastica, di quelli che coprono le coltivazioni. Stava dormendo, beato, con la pancia all’aria e il muso sporco di succo.

“Teodoro,” ho sussurrato. “…te fatto la panza chiena,” ho aggiunto.

Mi ha guardato. Ha scodinzolato. E ha ruttato. L’ho riportato a casa in braccio, mentre lui, con la lingua da fuori, sembrava non capire perché tutti lo baciassero come se fosse tornato dalla guerra. Teresa ha pianto. Io ho accettato volentieri un barattolo di marmellata di fragole. E Teodoro? È stato perdonato. Ma da quel giorno, davanti alla cuccia, c’è un cancelletto nuovo. E un cartello: “ATTENTI AL CANE — affamato di fragole.”


📌 Note dell’autore: Non tutti i misteri nascono dal male. Alcuni, come questo, nascono dalla fame. O dalla curiosità. O da un semplice richiamo di primavera. Ma in ogni caso, le impronte parlano. Basta saperle leggere.

teresa